EQUILIBRIO MUSCOLARE IN RELAZIONE ALLA FUNZIONE E ALLA PATOLOGIA

EQUILIBRIO MUSCOLARE IN RELAZIONE ALLA FUNZIONE E ALLA PATOLOGIA

Spesso si sente parlare di equilibrio muscolare o mio-articolare ma abbiamo bene chiaro  cosa voglia dire e che implicazioni ha nell’essere umano? Iniziamo a dare risposta a tale quesito partendo da una definizione che ne renda chiaro il concetto base: l’equilibrio muscolare si manifesta quando coesistono lo stesso livello di forza e di lunghezza tra agonista e antagonista. Tale condizione è fondamentale per una corretta funzione muscolare.
Suddetta definizione mette l’accento su come l’equilibrio sia necessario per coordinare e finalizzare ogni singolo gesto in considerazione della natura reciproca del movimento umano. L’opposto, ossia lo squilibrio muscolare, è dato da un’alterazione della lunghezza e dell’espressione di forza tra agonista e antagonista.
Questa anomalia può essere generata da diverse condizioni tra cui adattamenti o disfunzioni specifiche dando vita a squilibri di tipo funzionale e patologico. Quest’ultimi sono risposte a specifici adattamenti  rispetto  ad alterati schemi di movimento . Esempio ne sono, specie negli sportivi, l’alterazione delle forza o della mobilità articolare di aree maggiormente e funzionalmente più coinvolte in relazione al proprio ruolo in squadra o modello prestativo, se si tratta di uno sport individuale.

Nel calcio ad esempio spesso si sente parlare di equilibrio muscolare o mio-articolare ma abbiamo bene chiaro  cosa voglia dire e che implicazioni ha nell’essere umano? Iniziamo a dare risposta a tale quesito partendo da una definizione che ne renda chiaro il concetto base: l’equilibrio muscolare si manifesta quando coesistono lo stesso livello di forza e di lunghezza tra agonista e antagonista. Tale condizione è fondamentale per una corretta funzione muscolare.
Suddetta definizione mette l’accento su come l’equilibrio sia necessario per coordinare e finalizzare ogni singolo gesto in considerazione della natura reciproca del movimento umano. L’opposto, ossia lo squilibrio muscolare, è dato da un’alterazione della lunghezza e dell’espressione di forza tra agonista e antagonista.
Questa anomalia può essere generata da diverse condizioni tra cui adattamenti o disfunzioni specifiche dando vita a squilibri di tipo funzionale e patologico. Quest’ultimi sono risposte a specifici adattamenti  rispetto  ad alterati schemi di movimento . Esempio ne sono, specie negli sportivi, l’alterazione delle forza o della mobilità articolare di aree maggiormente e tato visto come i calciatori, in base al ruolo, presentino diverse espressioni di forza e flessibilità, stessa cosa, ad esempio, per i pallavolisti che hanno mostrato maggiore mobilità e forza nell’area del polso rispetto ai non giocatori. Altro esempio sono i giocatori di baseball che hanno evidenziato un maggior R.O.M. articolare in rotazione esterna di spalle rispetto all’interna.
Ovviamente tali alterazioni rispetto ad una condizione di normalità, se pur spesso asintomatici in fase preliminare, necessitano di essere trattati da subito sia per non creare una prestazione adattata al compenso funzionale e sia per evitare che col tempo si posa incorrere in una situazione patologica (ossia quando l’alterazione muscolare compromette la funzione). Il dolore in tal caso è un campanello di allarme anche senza una causa traumatica o acuta.

Se lo squilibrio è patologico le conseguenze si svilupperanno nel  seguente modo:

Danno tissutale o dolore          Squilibrio muscolare (retrazione o debolezza)  Schema di movimento alterato

E’ evidente dalla bi-direzionalità delle frecce come, oltre ad una progressione,  esista una regressione da cui è logico dedurre come la causa non è sempre la stessa ma, al contrario, può essere qualsiasi delle tre condizioni, difatti gli squilibri patologici a volte sono compensazioni funzionali ad infortuni vissuti. Ad esempio è stato notato come soggetti sportivi con ricostruzione di un LCA (Leg. Crociato anteriore) avessero, nella maggior parte dei casi, la fascia ileotibiale accorciata e la muscolatura abduttoria dell’anca indebolita. Altra condizione comune a molti sportivi è la lombalgia che, da alcuni studiosi, è stata indentificata come conseguenza di un limitata mobilità estensoria e intrarotatoria  dell’anca.

Ma come affrontare questo squilibrio muscolare?

Fondamentalmente le cause sono due, una di origine biomeccanica e una di origine neurofisiologico. Iniziamo, se pur sinteticamente, dalla prima, quella biomeccanica. Stress e movimenti ripetuti insieme a posture incongrue ne rappresentano l’origine. Gli adattamenti in lunghezza o in accorciamento del muscolo fanno si che il numero dei sarcomeri (le cellule muscolari) possa, conseguentemente,  diminuire o aumentare finendo per influenzare i diversi schemi di movimento. Per capirci la precisione di un movimento dato dalla sinergia mio-articolare se sottoposto, per una delle cause su esposte, ad una dominanza/deficit di un dato muscolo potrà portare a tensione anormali a discapito di altri distretti muscolari. Facciamo un esempio: se uno sportivo presenta gli ischiocrurali (muscoli posteriori della coscia) in una situazione di dominanza e i glutei in condizioni di debolezza il risultato potrà facilmente essere (fermo restando la necessità di indagare la soggettività dell’interessato) dolore diffuso alle articolazioni delle anche o ad una di esse. La soluzione passa inevitabilmente dall’identificazione, post adeguati test, dei/del muscoli/o “origine” del problema per poi intervenire con rinforzo per i più lunghi e allungamento per i più corti.

Ora affrontiamo il modello neurologico. In questo caso specifico si considera l’alterazione della sinergia muscolare come conseguenza del loro ruolo all’interno di una specifica funzione motoria. Per intenderci l’unità di controllo neuro-motoria nel caso di una disfunzione può, temporaneamente, alterare la strategia di reclutamento muscolare imponendo così delle alterazioni degli schemi di movimento e quindi del programma motorio. Per cui si considera come causa effettiva di eventuali squilibrio l’incapacità del sistema di apprendimento motorio di adattarsi e reagire correttamente ai diversi cambiamenti all’interno del corpo. Facciamo un esempio: consideriamo che uno sportivo o anche una persona mediamente attiva siano soggetti ad imput propriocettivi (quindi neuro-motori) inadeguati o alterati da posizioni o movimenti scorretti, questa situazione porterà a due condizioni, già accennate, ossia l’ipertono (accorciamento muscolare) o l’inibizione (allungamento muscolare) creando uno squilibrio muscolare “locale”. Questo adattamento con il tempo potrà diventare una situazione abituale del S.N.C. che lo vivrà come un nuovo modello motorio reiterando cosi il ciclo dolore-disfunzione iniziato precedentemente. In poche parole un’alterazione neurologica è una cattiva regolazione del sistema neuro-muscolare con implicazioni a cascata sull’intero corpo. In questo caso l’approccio operativo prevede oltre alla normalizzazione e il ripristino delle funzioni e dell’equilibrio muscolare anche un lavora finalizzato soprattutto al miglioramento del controllo neuro-muscolare attraverso lavori ben dosati di propriocezione, di coordinazione e di  lavoro posturale.

Quanto brevemente esposto fa ben capire come i muscoli siano, costantemente, di fronte ad un “bivio funzionale” in cui sono costretti a rispondere ai comandi del Sistema Nervoso Centrale e agli adattamenti/cambiamenti  delle articolazioni periferiche. L’intervento del trainer/preparatore atletico rappresenta un lavoro complesso ma molto efficace se fatto nelle giuste tempistiche e con le corette modalità.

De Martino Christian
Trainer GBFitness Sesto S. Giovanni (Mi)
Per ulteriori approfondimenti:
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