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Chivu umilia ancora Inzaghi: nessuna pietà, Marotta se la ride

Cristian ChivuChivu umilia ancora Inzaghi: nessuna pietà, Marotta se la ride - Topallenatori.it (screen Youtube)

Quando un nuovo ciclo subentra a un ciclo storico, è inevitabile fare paragoni. E’ così che Chivu umilia Inzaghi: a parlare per lui sono i numeri.

All’Inter ci sono stagioni in cui sembra che tutto sia una lunga corsa in discesa, altre in cui ogni metro va conquistato strisciando. Il 2025 appartiene al secondo gruppo, a quel tipo di annate in cui le delusioni arrivano senza bussare e i giudizi bruciano più delle sconfitte. Il derby perso con amarezza, la sconfitta in Champions League, le incertezze di un gruppo chiamato a sostenere un’eredità tecnica pesante: tutto sembrava portare verso un anno di transizione. Eppure, in Viale della Liberazione, sanno da sempre che i cicli non si spezzano con un colpo, si modellano. Lentamente, vivendo scossoni, fratture e ricostruzioni. Negli ultimi mesi, con Cristian Chivu al timone, l’Inter ha ritrovato spinta e lucidità. Prima la vittoria preziosa sul Pisa, poi il 5-1 che ha travolto il Venezia in Coppa Italia. Partite diverse per contesto e peso, ma identiche nel messaggio: questa squadra non ha intenzione di arretrare. A colpire, più ancora dei cinque gol, è stata la sensazione di una Inter più libera mentalmente, più verticale, più incline a cercare la porta con coraggio.

Basti ricordare l’esecuzione di Francesco Pio Esposito, una bordata dalla distanza che ha acceso San Siro come un fiammifero nel buio. Un gesto tecnico che ha avuto la forza di diventare simbolo, quell’istante ha staccato il passato recente e aperto una finestra sulla nuova Inter. Perché dietro quella conclusione non c’è solo un gol, ma un’idea. Una proposta tattica diversa, meno legata alla costruzione lenta e più alla ricerca immediata del varco. Una scelta di campo – letteralmente – che molti hanno letto come la differenza più netta tra l’Inter di Simone Inzaghi e quella di Cristian Chivu.

Tiri da fuori, la nuova Inter di Chivu cambia pelle: 8 gol in 19 partite

Lo spartiacque non è un’idea astratta, ma un numero. O, meglio, una serie di numeri. L’Inter di Chivu, da inizio stagione, ha già realizzato 8 gol da fuori area, a cui se ne può idealmente aggiungere un nono – l’autorete di Muharemovic contro il Sassuolo, nata dal tiro da lontano di Carlos Augusto – pur non essendo contabilizzato ufficialmente. Nove segnali tecnici chiari, arrivati in appena 19 partite tra Serie A, Coppa Italia e Champions League, con 104 tiri tentati dalla distanza. Un dato che pesa, soprattutto se confrontato con quello della gestione Simone Inzaghi 2024/25: solo 10 reti da fuori in 59 incontri stagionali, con 245 conclusioni dal limite o oltre. Una differenza che non vive solo nel volume realizzativo, ma nella frequenza: si è passati da circa 4 tiri da fuori a gara a più di 5,5 di media. Non un episodio isolato, ma un indirizzo tattico preciso.

Marcus Thuram

Tiri da fuori, la nuova Inter di Chivu cambia pelle: 8 gol in 19 partite – Topallenatori.it (screen Youtube)

Perché succede? Perché cambiare abitudini può aprire nuovi orizzonti. L’Inter di Chivu prova a verticalizzare più rapidamente, rinuncia talvolta alla densità di fraseggio negli ultimi 30 metri e accetta di rischiare qualcosa pur di trovare imprevedibilità. Più verticalità significa più campo, più campo significa più spazio per calciare. E così l’Inter, che per anni ha cercato la perfezione geometrica dell’azione costruita, ora scopre la bellezza dell’imperfezione improvvisa: il tiro che nasce fuori copione, la soluzione diretta, la conclusione che evita l’imbuto. Se la cinquina al Venezia ha mostrato la potenza offensiva del gruppo, quei due tiri – Esposito e Thuram, entrambi da oltre il limite – hanno certificato che questa Inter sta cambiando linguaggio. Sta diventando meno accademica, più pragmatica. Meno prevedibile, più dinamica. Sta imparando che a volte basta una traiettoria pulita per mutare la storia di una partita.

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