L’Inter attraversa uno dei passaggi più complessi della sua stagione. Non è solo una questione di risultati – pure pesanti – ma di sensazioni, percezioni, nervi scoperti. Le sconfitte nel derby contro il Milan e, pochi giorni dopo, quella contro l’Atletico Madrid, hanno incrinato quella struttura mentale che Cristian Chivu sembrava aver consolidato nelle prime settimane della sua gestione. L’immagine della squadra non è quella di un gruppo in sfaldamento, ma certamente di un collettivo che vive fasi di blackout improvvisi, quasi inspiegabili, come se venisse meno il filo che tiene unite idee, coraggio e concentrazione. A Pisa l’Inter ha provato a rialzarsi, ma la sensazione diffusa è che la ferita sia ancora aperta. I tifosi, sui social, non hanno risparmiato critiche, oscillando tra il sostegno al nuovo progetto tecnico e il timore che questa squadra, così giovane nella guida e così dipendente dalle accelerazioni emotive, non riesca a mantenere continuità nei momenti decisivi. Le reazioni, soprattutto dopo la gara di Champions, sono state immediate e rumorose, tanto da generare un dibattito nazionale, amplificato dal peso del club e dalla fragilità di un inizio di stagione meno lineare del previsto.
Beppe Marotta, come da consuetudine, ha scelto l’equilibrio: nessun allarmismo, fiducia totale nel tecnico, volontà di proteggere lo spogliatoio in una fase in cui ogni parola pesa più del risultato stesso. Tuttavia, nel rumore di fondo, non sono passate inosservate alcune dichiarazioni di colleghi ed ex giocatori, che – senza attaccare direttamente Chivu – hanno usato il linguaggio del monito. Chi ha vissuto l’Inter da protagonista sa quanto sia sottile il confine tra la ricerca dell’identità e il rischio di perderla del tutto. In questo contesto agitato, si inserisce un’altra voce, stavolta non tecnica ma simbolica: quella di Walter Zenga.
Zenga, tra rassegnazione e speranza: “Allenare l’Inter? Un sogno”
L’intervista concessa da Walter Zenga a Il Giornale ha squarciato il silenzio con la forza di una confessione che, più che dividere, racconta la complessità di un personaggio da sempre schietto, iconico, mai convenzionale. L’ex numero uno dell’Inter, 56 presenze in Nazionale e tre volte eletto miglior portiere del mondo, ha parlato apertamente della sua fede politica. Ma aldilà del colore politico, l’elemento che più ha colpito i tifosi nerazzurri è stato un altro, ovvero il suo amore eterno per l’Inter. Poi la frase che ha illuminato il dibattito interista: “Io nasco interista, faccio tutta la trafila. Più anni fai in una squadra, più entri nella leggenda. Volevo allenare l’Inter, ma è rimasto un sogno”.

Zenga non si nasconde, Chivu avvisato: “Allenare l’Inter? Un sogno” – Topallenatori.it (screen Youtube)
Un sogno che, almeno per ora, resta tale, nonostante il suo nome sia spesso evocato dal tifo più romantico. E il tema torna improvvisamente attuale in un momento in cui l’intero ambiente nerazzurro cerca stabilità, identità, leadership. Zenga ha parlato anche di valori: “Mai avrei potuto giocare nel Milan: le bandiere sono sacre e non si toccano”. Il riferimento alla rivalità cittadina è netto, quasi a marcare un confine che per lui resta invalicabile. Un periodo particolare per Chivu quindi, perché curiosamente, proprio alla vigilia di Atletico Madrid–Inter, Diego Simeone aveva pronunciato una frase che ha fatto rumore: in futuro, un suo approdo all’Inter non sarebbe da escludere. Due mondi opposti, due visioni del calcio radicali, ma la stessa magnetica attrazione verso i colori nerazzurri.

Chivu suda freddo, il sogno è finito: addio Inter - Topallenatori.it (screen Youtube)






